MATTEO ACCARRINO

LA MATERIA DELL'IMMAGINE

a cura di Felice Nittolo

Inaugurazione Art gallery "niArt"
Via Anastagi, 4a/6 - 48100 RAVENNA
sabato 9 novembre 2013
ore 17:30

9-29 novembre 2013

INVITO

 


ENTRATA ingresso libero

Orari galleria niArt: martedi, mercoledì 11:00/12:30

giovedi, venerdi,  17:00/19:00

sabato 11:00/12:30 17:00/19:00
Per appuntamenti fuori orario 338 2791174
(anche per scolaresche)

 

“Col passare degli anni, manualità e pensiero vanno di pari passo, il mio sapere se pure un po' più lento, mi permette di ottenere quel risultato di imponderabilità ed uso indifferenziato di attrezzi come pennelli, spatole, stecchi oppure le mie stesse dita. Comunque il risultato non cambia per rappresentare l'imponderabile c'è bisogno di operare senza preconcetti per fare dei lavori che siano “
veramente “preziosi” nel colore e nei materiali usati che sia carta, tela o vetro”.
Con questo pensiero Matteo Accarrino sintetizza come lo scorrere del tempo non ha intaccato minimamente la sua creatività e la voglia di dedicarsi all'arte come ha sempre fatto nel corso della sua vita, seppur più lentamente la sua ricerca continua e la sua vitalità artistica rende le opere prodotte negli ultimi anni “Preziose .
“ La materia dell'immagine” è il titolo della mostra che si inaugura il 9 novembre 2013 alla niArt Gallery di via Anastagi a Ravenna , con il patrocinio del comune di Ravenna,della provincia di Ravenna e del coordinamento Ravenna 2019 corredata da un catalogo con presentazione di Bruno Bandini e con contributi di Silvia Benvenuti, Carmela Claps, Nullo Mazzesi e Felice Nittolo.
La mostra rientra all’interno di un progetto che per il 2013 vede impegnato Matteo Accarrino dapprima a Bologna alla galleria Tedofra , poi a Ravenna alla niArt e infine a Foggia al” Palazzetto dell’arte”.
I luoghi scelti dall’artista non sono casuali in quanto, si parte dall’Emilia Romagna , terra che lo ospita da lungo tempo e dove dal 2007 al 2012 a Sant’Alberto (RA) ha trasformato un antico fienile di una casa colonica in una inedita e suggestiva “CASA MUSEO” dove ha dato la possibilità a chiunque di visitare una ricca collezione privata di artisti italiani e stranieri,sottraendo l’opera ai luoghi deputati all’arte, aprendo la propria abitazione che funge da spazio espositivo, dove le opere e la casa diventano un tutt’uno.
Foggia, come ultima tappa, non è una scelta casuale , in quanto luogo in cui l’artista ha vissuto per lungo tempo , e dove nel 1979 ha dato vita al “Laboratorio Artivisive” attivo fino al 2002 come luogo di sperimentazione artistica e di documentazione sugli esiti più avanzati sulla ricerca, che ha significato per l’artista il passaggio da un modo di vivere l’arte in assoluto isolamento , fra le pareti dello studio, ad un altro di totale apertura verso il pubblico teso a divulgare il messaggio artistico e fondato sul reciproco scambio.

Il 23 novembre alle ore 18,00 è previsto un incontro “Una sera a casa dell'artista” , dove Accarrino esporrà ,nella sua nuova casa in via Mercatelli 16 a Ravenna, per una sera opere che permetteranno di conoscere meglio la sua ricerca.
Per informazioni tel. 329-6474832

LA MATERIA DELL’IMMAGINE

«Io tolsi ai mortali la preveggenza della propria morte.
- E quale rimedio trovasti a questa malattia?
- Insinuai in loro cieche speranze»
Eschilo, Prometeo incatenato

Prometeo, “colui che conosce con anticipo”, che per primo manipola la tecnica per dar vita a nuove forme, per piegare la sorda fissità della materia. Colui che impiega le potenzialità della tecnica per plasmare forme che sappiano dare speranza agli uomini.
Ma il “provvido” Prometeo, figlio del titano Giapeto, ha un fratello, Epimeteo, che invece è “imprudente” ed apprende le cose con ritardo. E, secondo la ricostruzione di Karol Kerényi, le figure dei due fratelli non possono essere considerate separatamente: l’impiego della tecnica, a dispetto delle nostre intenzioni, può produrre risultati discordanti. Dipende dalle nostre capacità di comprendere il fine per il quale siamo disposti – o necessitati – a ricorrere ai dispositivi della tecnica.
Certo, Prometeo ama gli uomini, e grazie al proprio dono-sacrificio (intelletto ed abilità) consente loro di abbandonare lo stato ferino per inoltrarsi in un contesto denso di insidie: la civiltà.
Comunque sia, una volta ingannato, Zeus non si limita a punire Prometeo in modo esemplare: alla punizione si associa la comparsa di una figura seducente, capace di “dispensare ogni dono”: Pandora. Mendace e seducente, infida e bella, Pandora costituisce una sorta di contrappasso sia della generosità di Prometeo, sia della lentezza di Epimeteo.
Tutto questo ha qualche cosa che vedere con Matteo Accarrino? Se si trattasse esclusivamente delle reiterate incursioni nel territorio del “Mito” che l’artista viene praticando in riferimento alla sua riconosciuta abilità all’interno della pratica incisoria temo rimarremmo vincolati alla superficie del problema. Certo, il mito è ricco, ma rischia sempre di essere una copertura capace di giustificare ogni cosa, ogni forma, ogni colore, ogni immagine.
Accarrino pretende qualche cosa di più, anzi è molto di più. Riconoscerlo come l’alchimista che opera nei territori impervi dell’incisione sarebbe una riduzione colpevole. Perché le sue attenzioni sulla materia dell’immagine sono estremamente complesse.
In realtà, come Prometeo, Accarrino è un artista che giudica prevedendo gli eventi, anche se è consapevole che la “tecnica” è troppo debole per avere il dominio sulla necessità. E la sua debolezza non si misura sui risultati che consegue, bensì sui modi attraverso i quali li ottiene. Techne è un’arte ingannevole, frutto di una manipolazione. Istituisce tra l’uomo e la realtà una relazione indiretta, differita. Ma Accarrino è consapevole di questo. Artista “curvilineo”, che fa trionfare il mediato sull’immediato, sembra disporre di una mente obliqua, di un gesto obliquo, mai frontale: sa disporre la propria intelligenza – e la propria tecnica – alla ricerca di soluzioni molteplici. Sa ideare stratagemmi.
Dunque non solo incisione e, soprattutto, non solo adesione ad una definizione dell’immagine ormai vecchia e stucchevole che immagina ancora classificazioni tra “astratto” e “figurativo”, tra spirito analitico ed esigenze legate alla rappresentazione.
Basta osservare le sue carte, le sue tele, i suoi “vetri”, per scoprire come il primato della sua riflessione inclini al segno, al gesto, alla complessità delle dinamiche del colore.
Manifesta il fermento del segno che attraversa la superficie, che indaga lo spazio, tracciando diverse avventure immaginative. Un fermento ricco e molteplice, che si muove dalle ragioni delle forma alle emozioni generate da una sperimentazione che ricerca comunque originali strutture del visibile.
“Se il vetro serve a spegnere l’urgenza del gesto – scrive Luciana Zingarelli presentando il nostro artista nel 1984 – e permette – aggiungendo o togliendo colore – polarità a contrati di luce che ogni altro ‘fondo’ annullerebbe, il ricorso a tecniche desuete è indicativo di una doppia volontà, polemica e costruttiva, dell’artista”. E penso che la tensione polemica e costruttiva sia sempre e comunque rimasta presente nei lavori di Accarrino. In modo sobrio, pacato ma determinato: l’arte è lavoro, impegno, visione che deve accompagnarsi ad una perizia che si esercita sui materiali e sulle procedure che danno vita alle immagini.
“Mentre lavoro con la carta – sottolinea l’artista nel 1988 –, sono spinto dal desiderio di cimentarmi con la tela o con il vetro, oppure sono affascinato da architetture fantastiche che invadono lo spazio e coniugano indifferentemente legno e carta, tela e legno, vetro e tela”. E questa apprensione, questa inquietudine, questo “desiderio”, non è sintomo di incoerenza, di una superficiale disponibilità a mostrarsi “abile” nella manipolazione dei materiali. Piuttosto è la manifestazione, la prova della dedizione ad interrogare le ragioni profonde delle immagini: forme imprigionate che chiedono di prendere corpo nel mondo dei sensi.
Speranze che, diversamente da quelle di Eschilo, speriamo non siano cieche.

Bruno Bandini